Abbiamo sempre dei dubbi sulla nostra gestione aziendale: è sufficientemente buona? Come possiamo migliorarla?
E se non siamo soli, questi dubbi sono ancora più pressanti, perché sappiamo perfettamente quanto l’apporto dei collaboratori sia fondamentale per la buona riuscita della nostra attività.
Ma cosa intendiamo per ‘buona gestione aziendale’?
Una gestione economicamente efficiente è una gestione che, massimizzando l’utilizzo delle risorse a disposizione, riesce ad ottenere i migliori risultati possibili, in termini di efficacia ed efficienza.
Giusto.
Ma manca un pezzo.
Sentiamo che questa affermazione ha qualcosa di sbagliato, che non basta essere i più efficienti, sentiamo che c’è e ci deve essere qualcosa di più: sì perché un’azienda è migliore quando non solo è capace di produrre risultati, ma lo fa nel modo giusto.
Generare inclusione
È quello che ho sentito risuonare forte e chiaro ascoltando l’intervento del prof. Elio Borgonovi al convegno sul disability management a cui ho partecipato a Milano, lo scorso 25 novembre:
“Un buon management deve essere anche inclusivo. E cosa vuol dire inclusione? Vuol dire che le persone si devono sentire Libere, Autonome e Responsabili”.
Libere. Di agire e pensare, proporre e criticare.
Autonome. Nel portare avanti il loro lavoro per l’azienda.
Responsabili. Della qualità del lavoro che svolgono, ma anche dell’andamento dell’azienda nel suo complesso.
Se riusciamo a far sentire così le persone che lavorano con noi abbiamo vinto, perché i benefici dell’inclusione innescano un percorso virtuoso di miglioramento aziendale, di cui i quattro punti principali sono:
1. L’inclusione genera conoscenza
Sentirsi libero di esprimersi all’interno di un’organizzazione permette di spiegare chiaramente i processi produttivi ed organizzativi, permette di domandare senza paura di giudizio, permette di capire meglio il funzionamento dell’azienda, nel suo complesso, e nello specifico del lavoro svolto.
2. L’inclusione genera senso di appartenenza
Chiunque si senta parte attiva e direttamente chiamato in causa, ha un rendimento migliore a parità di capacità oggettive; che sia un pigrone cronico, un disabile sensoriale, un creativo iperattivo, darà il massimo per l’azienda per la quale sente che il suo apporto è fondamentale e determinante.
3. L’inclusione genera apprendimento, continuo e cooperativo
Spiegare a qualcun altro il proprio lavoro è il modo più semplice e intuitivo per ripensarlo, per vederlo da fuori, nei suoi punti di forza e debolezza, ed è quindi il primo passo per migliorarlo (con strumenti diversi, con nuove proposte o modalità di esecuzione).
4. L’inclusione permette valutazioni trasparenti e condivise
del proprio lavoro, di quello dei colleghi e dei responsabili, ma anche dei fornitori, dei clienti e di tutti quegli attori esterni che sono parte della vita quotidiana di un’azienda. Le critiche nate in un contesto inclusivo sono più facilmente accettate, riescono a trasformarsi in un input costruttivo nel percorso di miglioramento della propria performance lavorativa.
Il feedback per il miglioramento
Il feedback è uno dei più potenti meccanismi di miglioramento aziendale perché è un punto di vista espresso da persone
- coinvolte, in almeno uno dei tuoi processi aziendali (ad esempio, i clienti sono coinvolti nel tuo processo di vendita),
- e interessate a che la tua attività migliori, sia più efficace o più incisiva.
Nel mondo del business questo tipo di pareri senza doppi fini, e volti esclusivamente alla tua crescita, sono molto rari, e quindi preziosissimi.
Il problema è che la maggior parte delle persone, sebbene si sentano coinvolte, lasciano raramente un feedback, togliendo all’azienda un’importante possibilità di conoscersi e migliorarsi.
L’inclusione, in questo senso, diventa uno strumento eccezionale per favorire il coinvolgimento attivo, e quindi l’aumento dei feedback costruttivi.
Infine, a questi benefici effetti di tipo economico, si aggiungono anche quelli di tipo comunicativo, quali, ad esempio, una più ampia diffusione della propria mission, il rafforzamento del proprio brand aziendale e più in generale, l’aumento dell’engagement, interno ed esterno all’azienda.
Nella storia capitano raramente possibilità di crescita così ampie e universali, tanto che potrei paragonare l’inclusione al fordismo, alla contrattazione collettiva o al social media management, per restare in ambiti temporali più recenti.Sulla presenza o meno di un tale fattore aziendale si possono costruire imperi, o affondarne, dipende tutto da come e quanto deciderai di sfruttare questa splendida occasione.
Perciò, ora che siamo d’accordo nel definire l’inclusione il fattore di successo del futuro, quale sarà la tua prossima mossa? Come la porterai nella tua piccola realtà aziendale?